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Aniridia Connection! 9° incontro nazionale

ANIRIDIA CONNECTION
9° incontro nazionale dell’Associazione Aniridia Italiana
Padova, 12-14 ottobre 2018 – Hotel La Casa del Pellegrino

RESOCONTO

All’ombra delle cupole della Basilica di Sant’Antonio, in un fine settimana più di tarda estate che d’inizio autunno, con temperature miti che ci hanno consentito di girare in maniche corte, è cominciato il nostro 9° incontro nazionale.
Un incontro tutto dedicato al confronto, alla creazione di contatti e relazioni, alla trasmissione di conoscenze ed esperienze, in un fluire libero fra ragazzi e bambini, giovani e adulti, famiglie e specialisti, per cogliere tutte le opportunità offerte dalla rete e per mettersi in gioco senza schermi e timidezze, insomma è stata davvero

Aniridia Connection!

I numeri stavolta erano veramente notevoli: circa 120 persone hanno partecipato all’incontro, e questo si è capito subito dalla vivace e colorata confusione degli arrivi cui è seguita una cena in pizzeria, occasione per rivedersi dopo un po’ di tempo, per aggiornarci su come nel frattempo sono andate avanti le nostre vite, e per stupirci di ritrovare i bambini che ricordavamo piccoli ormai cresciuti e alti quanto noi.

Il sabato era dedicato a due programmi in parallelo.

Nella sala grande, genitori e portatori adulti hanno dapprima potuto ascoltare Sara Barbieri (Centro regionale Malattie Rare del Veneto) che ha parlato dei Diritti dell’aniridia, con riferimento alla rete nazionale e regionale delle malattie rare, all’accesso alla diagnosi e alla cura e ai protocolli terapeutici per le malattie dell’occhio, fornendo indicazioni utili ai partecipanti.

Durante la tavola rotonda Aniridia fra cura, assistenza e prevenzione, moderata da Barbara Poli, il prof. Giuseppe Damante (Università di Udine) ha illustrato gli ultimi sviluppi di genetica dell’aniridia. Gli studi più recenti hanno mostrato come alla maggioranza dei casi in cui l’aniridia è causata da mutazioni puntiformi o delezioni situate sul gene PAX6 si affianchi un limitato numero di casi in cui invece la mutazione è stata riscontrata su altri geni, a oggi una dozzina, che si stanno via via individuando. Considerando la disponibilità di nuove tecniche di indagine genetica, come la CGH array (Comparative Genomic Hybridization) o il NGS (Next Generation Sequencing) in grado di analizzare segmenti molto più ampi del genoma in tempi molto più brevi, si può ritenere opportuno condurre l’analisi genetica sui soggetti portatori di aniridia per fasi successive, che si applicano solo in caso di riscontro negativo nelle fasi precedenti. Si inizia con la tradizionale ricerca di delezioni, per poi proseguire con il sequenziamento del gene PAX6, passando quindi all’uso delle nuove tecniche per il sequenziamento di un pannello di geni potenzialmente causa della malattia; in caso di ulteriore esito negativo, si può usare il NGS per sequenziare l’intero esoma (WES Whole Exome Sequencing).
Sono state poi illustrate le possibili terapie oggi allo studio. E’ in corso il trial clinico STAR (Study of Ataluren in Patients with Aniridia) che sta verificando se l’Ataluren, che nei modelli animali ha dimostrato di riuscire a ripristinare la corretta codifica della proteina, sia efficace anche nell’uomo. Da precisare che lo studio riguarda solo un sottogruppo di pazienti con aniridia, e precisamente quelli in cui l’aniridia è causata da una mutazione nonsense. La sperimentazione si concluderà a fine 2019.
Per quanto riguarda le terapie geniche dell’aniridia, sono ipotizzabili due approcci: l’aumento dei livelli di proteina PAX6 normale, da veicolare attraverso l’utilizzo di vettori virali (ossia virus non patogeni che “trasportano” la proteina all’interno delle cellule), e la correzione della mutazione nel gene del paziente attraverso la tecnica CRISPR/Cas9.
Entrambi gli approcci sono alle fasi iniziali di studio e sarà necessario del tempo prima di poter pensare ad un’applicabilità nell’uomo. Si tratta però di studi promettenti, già in corso di sperimentazione clinica per altre malattie dell’occhio.

La prof.ssa Elena Piozzi (Ospedale Niguarda, Milano) ha poi illustrato l’approccio diagnostico e terapeutico in particolare nei bambini, indicando la necessità di inquadrare l’aniridia sia isolata sia associata a forme sindromiche (Millers, WAGR, Gillespie). Alla nascita vanno valutate attentamente eventuali anomalie di posizione o di trasparenza del cristallino. Il nistagmo, quasi sempre presente, tende a diminuire con la crescita; nel caso esso induca posizioni errate della testa (dovute al fatto che se ci sono posizioni in cui il nistagmo rallenta – posizioni di blocco – il bambino tende a tenere la testa girata), può essere valutato l’intervento chirurgico sui muscoli del bulbo oculare per ripristinare la posizione primaria del capo.
Considerato che vari fattori (fotofobia, nistagmo, ipoplasia maculare, difetti refrattivi) contribuiscono alla riduzione della capacità visiva anche in assenza di complicanze più gravi, i trattamenti medici principali da applicare a seconda del caso specifico sono: la correzione dei difetti refrattivi, l’uso di filtri protettivi, l’uso di sostituti lacrimali, le lenti a contatto (da scegliere con molta attenzione alle possibili implicazioni per la cornea).

Il prof. Giorgio Marchini (Università di Verona) ha invece illustrato le principali complicanze legate all’aniridia, talora congenite talora ad insorgenza più tardiva.
La retina presenta frequentemente un ridotto sviluppo della macula (ipoplasia maculare), ossia di quella parte della retina che garantisce la visione di dettaglio; molto più raramente è presente anche un’ipoplasia del nervo ottico. Si tratta di condizioni strutturali dell’occhio, che non possono essere modificate o corrette.
La superficie oculare è spesso colpita da cheratopatia aniridica legata alla presenza di un deficit delle cellule staminali limbari che non riescono a garantire il ricambio dell’epitelio corneale, causando la vascolarizzazione e la perdita di trasparenza della cornea. Trattandosi di una condizione genetica, i trattamenti chirurgici utilizzati in altri casi di cheratopatia si rivelano spesso di efficacia limitata o nulla, e in generale è preferibile un approccio conservativo. L’uso di sostituti lacrimali può risultare utile, ma deve essere valutato correttamente l’obiettivo (il semplice comfort/riduzione del fastidio, oppure il trattamento di situazioni patologiche vere e proprie); in alcuni casi può essere indicato l’utilizzo di siero autologo.
Anche l’insorgenza di una cataratta, ossia la perdita di trasparenza del cristallino, contribuisce alla diminuzione dell’acuità visiva.
Il glaucoma, con l’aumento della pressione interna dell’occhio, se non controllato farmacologicamente o chirurgicamente danneggia il nervo ottico in modo irreversibile.
Anche quando è possibile o necessario intervenire chirurgicamente, tutti gli interventi vanno valutati con estrema attenzione perché l’occhio aniridico è un occhio complicato, ed è possibile che un intervento fatto per risolvere una condizione scompensi le altre.
I tre relatori hanno quindi risposto alle numerose domande del pubblico su vari temi, unendo alla competenza medica anche la capacità di un approccio umano e vicino alle famiglie e ai pazienti, che tutti hanno molto apprezzato.

Nella seconda parte della mattinata, la sessione I sensi dell’Aniridia e il WAGR factor, moderata da Matteo Castelnuovo, ha riunito Nicoletta Stringhetta (Fondazione Robert Hollman di Padova) e Antonella Luparia (Fondazione C. Mondino di Pavia), terapiste della riabilitazione visiva e psicomotoria, insieme con il dr Pietro La Monica, psicologo clinico (Fondazione C. Mondino di Pavia). L’obiettivo era indicare alle famiglie gli approcci più utili per l’abilitazione della funzione visiva nell’infanzia e la necessità dell’attenzione allo sviluppo globale, tanto più quando oltre alla disabilità visiva sono presenti anche altri deficit, motori o cognitivi, come nel caso della sindrome di WAGR.
E’ stato sottolineato come il bambino vada inteso prima di tutto come un bambino, soggetto attivo e non solo destinatario di interventi, a cui va garantita anche l’accoglienza, il gioco, la gioia che spettano a tutti i bambini. Per questo è importante che i genitori vengano sostenuti nella loro difficile funzione genitoriale, perché gli interventi degli operatori, per quanto appropriati e competenti, ma necessariamente limitati, non possono sostituire una quotidianità attenta e accogliente da parte della famiglia.
Ai genitori va insegnato cosa fare, ma anche cosa NON fare, evitando soprattutto l’accanimento e la ricerca della performance, e puntando allo sviluppo di tutte le capacità del bambino in un contesto accogliente e sereno.

Dopo la pausa, nella sessione A scuola di aniridia, Daniela Paganelli e Barbara Poli hanno analizzato le criticità dell’integrazione scolastica che spesso non riesce a tradurre in buone pratiche i presupposti teorici e normativi dell’inclusione dei ragazzi con disabilità visiva.
Sono stati trattati i temi della disponibilità di materiali accessibili (a partire dai testi di studio, che paradossalmente spesso è più facile e rapido ottenere attraverso i canali usati per gli alunni dislessici che non attraverso quelli usati per gli alunni con disabilità visiva) e dell’utilizzo precoce delle tecnologie assistive (personal computer già dalle elementari, ingranditori, LIM – Lavagna Interattiva Multimediale, etc.) da valutare secondo le specifiche esigenze con la consulenza di un tiflologo.
In particolare si è sottolineata l’importanza della redazione di un PEI (Piano Educativo Individualizzato) e di un PDF (Profilo Dinamico-Funzionale) corrispondenti alla realtà dell’alunno, in cui siano indicati correttamente le esigenze, gli obiettivi e le modalità per raggiungerli. In particolare, quando non vi siano altri deficit oltre a quello visivo, è importante che sia scritto nel PEI che gli obiettivi di apprendimento sono gli stessi della classe, e che le diverse modalità di somministrazione dell’insegnamento e delle verifiche (disponibilità di più tempo, materiali adattati, riduzione della quantità di esercizi mantenendo invariate le conoscenze richieste) non inficiano il raggiungimento di quegli obiettivi necessari per il conseguimento di un titolo di studio legalmente valido.
Si è anche detto di come sia importante, nella scelta della scuola, considerare non tanto gli insegnanti (che purtroppo tendono ad essere poco stabili), ma il dirigente scolastico, che è in grado di risolvere molte delle criticità legate alla presenza di insegnanti di sostegno talora poco preparati e/o poco disposti a imparare, o alle difficoltà opposte dagli insegnanti curricolari rispetto all’uso delle tecnologie assistive o alla collaborazione con il tiflologo.
Si è infine ricordata l’importanza, per gli studenti in procinto di sostenere gli esami di terza media o l’esame di maturità, che venga richiesta per tempo al Ministero la predisposizione di una prova adattata, specificando chiaramente la tipologia (testo ingrandito e con quale carattere e dimensione, sintesi vocale, Braille), i tempi aggiuntivi, la tecnologia da utilizzare (computer o altro), senza dimenticare gli aspetti apparentemente più banali, come la stampa del file della prova, che spesso i presidenti di commissione non consentono di trasportare altrove. Avere eseguito correttamente questa fase eviterà l’arrivo di prove non adattate alle esigenze dello studente e i problemi dell’ultimo minuto con le commissioni d’esame. Si tratta di una procedura che è a carico della scuola, ma su cui è opportuno che la famiglia vigili.

Ha preso poi la parola Benedetta Zatti, responsabile del Servizio Inclusione dell’Università di Padova, che ha descritto il quadro normativo nazionale, precisando come si stia adottando un nuovo approccio: oltre a servizi e strumenti per integrare il singolo studente, l’università punta ad essere un ambiente inclusivo per tutti tenendo conto della molteplicità delle differenze presenti nel tessuto sociale (reddito, genere, condizioni sociali, disabilità, etc.).
Nello specifico, per i ragazzi con disabilità visiva sono previsti un servizio di accompagnamento per raggiungere le sedi dell’università e un tutoraggio sia per introdurre alla conoscenza dei servizi, della metodologia di studio e delle piattaforme didattiche, sia per facilitare l’inclusione sociale nei confronti degli altri studenti.
Una delle biblioteche dell’ateneo si occupa della fornitura di libri in formato alternativo, mentre l’ufficio inclusione media fra studenti e docenti per garantire che la didattica e le prove d’esame siano effettivamente accessibili.
La stessa attenzione viene posta nel favorire la partecipazione degli studenti con disabilità ai programmi di studio all’estero come Erasmus e altri, garantendo una effettiva parità di opportunità anche in questo campo.
Dal confronto con gli associati, che hanno portato le proprie esperienze personali, sono emerse invece alcune criticità sul tema delle prove d’ingresso, che hanno formati e modalità scarsamente accessibili per chi ha una disabilità visiva.
La dottoressa Zatti ha espresso la disponibilità del suo ufficio a ricevere suggerimenti per migliorare l’accessibilità delle prove, suggerimenti che l’associazione non mancherà di inviare.

La sessione Aniridia e sport. Lo sport per tutti come piacere, diritto, inclusione e sfida con se stessi ha visto l’intervento di Andrea Bellè e degli sportivi Veronica Tartaglia (campionessa italiana di spada) Gianmaria Dal Maistro (campione italiano, mondiale e paralimpico di sci alpino).
E’ stata sottolineata l’importanza dell’attività fisica per tutti i bambini e gli adulti con disabilità visiva, perché lo sport migliora l’equilibrio, la propriocezione, la percezione del corpo nello spazio e nel movimento, la salute, l’autostima e l’inclusione sociale. A proposito di equilibrio, Andrea ha coinvolto alcuni dei partecipanti in semplici esercizi per valutare la capacità di controllare il proprio corpo: riducendo la base d’appoggio, per esempio incrociando le braccia e mettendo i piedi in linea uno davanti all’altro, oppure alzando un piede da terra, si è mostrato come chi non è allenato fatichi a mantenersi stabile, e finisca con il compensare attraverso il movimento delle caviglie o delle anche.
L’esperienza di Veronica e Gianmaria dimostra che con l’impegno e il talento si possono raggiungere risultati straordinari, come abbiamo potuto vedere nei bellissimi e adrenalinici filmati delle loro gare, e che tutti coloro che vogliono impegnarsi nell’agonismo devono avere la possibilità di farlo; chi non avesse la stoffa del campione, però, non deve per questo rinunciare a svolgere una attività fisica significativa, calibrata sulla propria situazione e sulla propria età, perché i benefici sono determinanti per la qualità della vita di tutti.
Le famiglie sono state quindi invitate a utilizzare la guida Sport e disabilità visiva. Basi teoriche e indicazioni pratiche per l’attività motoria e sportiva adattata per ciechi e ipovedenti, curata dall’associazione e indirizzata soprattutto alle scuole e agli istruttori sportivi, e a contattare i nostri referenti per informazioni relative alla pratica sportiva.

Sempre nella giornata di sabato, in contemporanea, si è svolto il Programma giovani, in previsione del quale i ragazzi dell’associazione tra i 18 e i 25 anni (Alessandra, Edoardo, Giorgio, Maria Vittoria, Marta e Thomas), coordinati da Veronica Tartaglia e Matteo Castelnuovo, avevano predisposto delle attività da svolgere con i portatori di diverse età.
Al gruppo dei bambini (0-10 anni), con l’aiuto della dottoressa Dina Soren, sono state proposte attività di tipo ludico che mirassero a creare una maggiore conoscenza e legame tra i partecipanti ed al tempo stesso a stimolare il coordinamento psicomotorio.
Uno dei giochi, ad esempio, consisteva nel dividersi in piccoli gruppi e trovare assieme il metodo più efficace per misurare le dimensioni della stanza formando una “catena umana”, quindi mettendosi in contatto l’un l’altro con braccia e gambe.
Questo esercizio non solo ha favorito la conoscenza reciproca e il working group, ma ha anche creato un senso di fiducia tra i partecipanti.
I giochi sono continuati per circa due ore, tra il divertimento e la partecipazione attiva di tutti i bambini.
La seconda parte della mattinata è stata dedicata ai ragazzi tra gli 11 ed i 18 anni. A questo gruppo è stato proposto un percorso basato maggiormente sulla parola, naturalmente sempre accompagnato da un approccio ludico.
In questo caso il gioco proposto porta comunemente il nome di “obbligo o verità” ed è basato su una serie di domande a cui si deve rispondere per evitare una “penitenza”. L’obbiettivo di questa attività era quello di provare a scacciare la timidezza e così parlare di esperienze positive e negative vissute nel quotidiano anche in quanto portatori di una malattia rara.
Nonostante una certa resistenza iniziale, causata da un comprensibile imbarazzo, l’attività si è conclusa in modo molto positivo grazie alla volontà di condivisione di tutti i presenti.
Il pomeriggio è stato dedicato ai partecipanti maggiorenni. L’attività si è svolta tramite la tecnica dello “speed date”. Si sono posti dei tavoli con due sedie lungo tutto il perimetro della stanza. Ad alcuni partecipanti è stato assegnato un posto fisso al tavolo, mentre un secondo gruppo di persone si alternava tra un tavolo e l’altro ogni 3 minuti. In questo lasso di tempo entrambi i partecipanti dovevano rispondere ad una delle domande che gli organizzatori avevano pensato precedentemente. L’argomento poteva essere uno spunto per una possibile conversazione o riguardare un tema specifico e personale. Si è creata quindi un’atmosfera generale di intimità ed empatia.
In conclusione, questo sabato ricco di parole, contatti ed emozioni ha superato le aspettative, creando un legame più forte tra le persone di diverse generazioni, nella certezza che si può essere di aiuto l’un l’altro, soprattutto divertendosi assieme!

Domenica mattina è stato il momento dell’Assemblea dei soci.
Il presidente Corrado Teofili ha presentato la relazione sulle attività e sul bilancio ed ha aperto la discussione. Sono stati trattati i temi emersi il giorno precedente ed è stata data informazione su tutte le iniziative indirizzate a migliorare la conoscenza dell’aniridia e la qualità della vita dei portatori.
Barbara Poli ha riportato quanto emerso alla 4° Conferenza Europea sull’Aniridia di Parigi (24-26 agosto 2018) e ha riferito sulle attività di Aniridia Europe. Il Comitato Scientifico di Aniridia Europe ha deciso nella riunione di Parigi di seguire due linee di lavoro: 1) sviluppo di linee guida cliniche europee, basate su quelle italiane e sul protocollo spagnolo, che significheranno in pratica anche un aggiornamento delle linee guida italiane, con beneficio per tutti i pazienti; 2) predisposizione di un progetto di ricerca per lo studio delle correlazioni genotipo-fenotipo su cui richiedere un finanziamento.
Thomas Abbruzzo ha relazionato sull’incontro delle famiglie e dei giovani che si è svolto a Parigi nell’ambito della Conferenza, soffermandosi sul sondaggio svolto da Galina Gening (presidente di Aniridia Russia e membro del consiglio di Aniridia Europe) relativo all’impatto psicologico e sociale dell’aniridia, un sondaggio che nonostante alcuni limiti rappresenta un filone di ricerca di sicura utilità, che sarebbe interessante replicare in Italia.
E’ stato portato dall’assemblea il suggerimento di sviluppare una scheda sanitaria o uno strumento simile che i portatori dovrebbero tenere con sé, in modo da evitare rischi e fraintendimenti per esempio nel caso di accesso al pronto soccorso, quando la non reattività alla luce e la dilatazione della pupilla possono indurre i sanitari a diagnosi sbagliate. I consiglieri si sono impegnati a verificare la fattibilità della proposta confrontandosi con le autorità sanitarie.

Si è quindi proceduto al rinnovo delle cariche sociali. Corrado Teofili (presidente), Matteo Castelnuovo (vicepresidente), Barbara Poli (delegata per Aniridia Europe) e Laura Spitaleri (consigliera) hanno espresso la propria disponibilità e sono stati rieletti nelle cariche. Silvia Gandolfi ha dato le dimissioni dal direttivo, rimanendo comunque disponibile a collaborare con l’associazione. E’ stato quindi eletto Thomas Abbruzzo, a cui è stata affidata la delega per il settore giovani.
Sono stati confermati anche Anna Nardini (tesoriera), Cesare Ottaviano (responsabile del sito web), Cinzia Galbardi (raccolta fondi), a cui si affiancherà Silvia Gandolfi, Gianmaria Dal Maistro (referente per lo sport), a cui si affiancherà Andrea Bellé. Considerato lo straordinario lavoro svolto per l’organizzazione di tutti gli ultimi incontri, Veronica Tartaglia ha assunto il ruolo di responsabile degli eventi dell’associazione.

L’incontro si è concluso con la proiezione del video dell’intervista esclusiva che il vicepresidente Matteo Castelnuovo ha realizzato con Charlie Cox, l’attore inglese che interpreta Daredevil, il supereroe cieco dell’omonima serie Marvel su Netflix.
Cox ha accettato di raccontarci le sue emozioni e le sue difficoltà nell’interpretazione del personaggio e quello che ha imparato sulla possibilità di superare i propri limiti coltivando le proprie personali capacità. Potete vedere l’intervista sul nostro canale Youtube: https://www.youtube.com/user/AniridiaItaliana

Padova, 12-14 ottobre 2018

Corrado Teofili
Matteo Castelnuovo
Barbara Poli
Veronica Tartaglia
Marta Ottaviano
Thomas Abbruzzo